Una settimana sul Cammino di Santu Jacu nel Sulcis. Diario di una pellegrina.


A volte un po’ di tempo libero si presenta inaspettato come un bel regalo in un giorno qualunque. Per me è stato così: improvvisamente, a metà novembre è stato evidente che per una settimana probabilmente non avrei avuto lavoro e così ho deciso di fare lo zaino e rimettermi in Cammino. Una possibilità che aspettavo da tempo, da quando nell’agosto del 2008 ero tornata, piena di entusiasmo e di gioia dal Cammino di Santiago. Certo, questa volta non avevo un mese a disposizione, ma una settimana è sempre meglio di niente! La scelta del Cammino da intraprendere è stata naturale: il Cammino di Santu Jacu. E la scelta è stata legata un po’ al periodo dell’anno – andare a camminare in Galizia a fine novembre equivaleva ad accettare un’ottima probabilità di prendere pioggia per buona parte del tempo – e soprattutto all’impegno che mi ha legata da ormai 3 anni al Cammino sardo che ho visto crescere e che ho sostenuto, per quanto mi è possibile.

Inizialmente avrebbe dovuto partire insieme a me la mia collega Irene, ma problemi di lavoro l’hanno trattenuta a casa all’ultimo minuto. Così, hanno fatto gli zaini due pellegrini di eccezione: i miei genitori, Paolo Zanni e Maria Luisa Albizzati. E così, il nostro Cammino di Santu Jacu nel Sulcis si è trasformato in qualcosa di particolare e di diverso da tutte le altre esperienze a piedi vissute fino a oggi. Con mia madre già avevo percorso il Cammino Francese nel 2006, ma con mio padre non avevo mai camminato così a lungo e le incertezze legate al clima e al percorso un po’ pionieristico hanno messo sicuramente del pepe alla partenza.

Comunque, fatti i biglietti, fissate le date, scaricate guida e mappe, eravamo pronti e siamo partiti, lasciando a casa a presidiare il fortino Alessandro, che ci avrebbe seguiti e sostenuti nei giorni a seguire.

 

24 novembre. Milano-Cagliari in aereo, Cagliari-Santa Lucia a piedi.

La mattina del 24 novembre la sveglia è suonata molto presto: alle 5:30, giusto il tempo di mangiare un boccone, chiudere lo zaino e metterci in macchina per recuperare i miei compagni di avventura e poi via, verso l’aeroporto di Orio al Serio!

Pellegrini sbarcati a Cagliari

Il volo e le procedure di sbarco sono stati rapidi e puntuali, ma soprattutto gli zaini sono arrivati tutti e tre, punto cruciale che sempre mi mantiene un po’ angosciata nei viaggi di andata. Messi gli zaini in spalla, siamo andati subito a prendere il treno navetta che in sei minuti porta dall’aeroporto di Elmas al centro di Cagliari, dove inizia il nostro Cammino. Il treno ha fatto un po’ di ritardo, forse anche a causa delle forti piogge che hanno messo in ginocchio il nord dell’isola durante la settimana precedente. Tuttavia, poco prima delle 11 siamo arrivati alla Stazione ferroviaria di Cagliari e, dopo esserci orientati per scegliere la direzione da prendere, abbiamo optato per un bar, in cui fare rifornimento di acqua per il cammino e uno spuntino per pranzo: la colazione leggera e troppo mattutina non è il mio punto forte in quanto a tenuta durante la marcia!

Finalmente rinfrancati, ci siamo finalmente messi in marcia, alla ricerca delle frecce gialle lasciate da Andrea a segnare la via. Da principio individuarle non è stato difficile, anzi con il descrittivo e le frecce, uscire dal centro e seguire il lungoporto è stato molto semplice, ma i problemi sono arrivati al cospetto del Ponte della Scafa. Sebbene il descrittivo parlasse di un passaggio pedonale, da sotto non si vedeva alcun percorso pedonale protetto e le frecce sembravano perdersi a un certo punto. Disorientati, abbiamo perso una mezz’ora cercando di capire se fossimo davanti al ponte giusto, ma non c’era altro modo di passare dall’altra parte dello stagno e così, dopo aver consultato un’anziana signora che passeggiava con il suo cane, abbiamo intrapreso l’attraversamento. Effettivamente, dopo 100 metri dall’imboccatura del ponte, abbiamo trovato il passaggio pedonale, protetto da un guard-rail e da una barriera anti-vento. Tuttavia, si può dire che come inizio della prima tappa, l’assaggio è stato piuttosto indigesto e l’esperienza di camminare a margine di strade ad alta velocità, che per noi archeologi è ormai frequente, può essere pericolosa e richiede comunque estrema attenzione. Mi appunto mentalmente di segnalare la possibilità di prendere un pullman dalla stazione dei pullman di Cagliari per superare questo primo ostacolo in sicurezza e venire sbarcati direttamente al di là dello stagno.

Fra gli stagni e le saline

Da questo momento, riprendiamo a fare affidamento sul descrittivo e sulle mappe del Cammino, seguendo le frecce su un comodo sterrato a bordo dello Stagno di Cagliari. L’odore di salmastro è molto forte e costituisce un piacevole diversivo rispetto alla puzza di smog di Milano. I segni della recente mareggiata si vedono: il sentiero è cosparso di conchiglie, anche molto belle, tanto da spingerci a soffermarci per raccoglierne qualcuna. Continuiamo a seguire le frecce fino alla località San Simone, dove abbiamo un attimo di smarrimento e ci riportiamo sulla statale, per riorientarci. Attraversando un maneggio, incontriamo un ragazzo indiano che ci dà alcune indicazioni in inglese, chiedendoci informazioni sul perché ce ne andiamo a piedi per la via. Ci benedice in inglese perché anche in India i pellegrini sono numerosi e sempre rispettati.

Dopo qualche incertezza, riusciamo a ritrovare lo sterrato, che aveva continuato a costeggiare imperturbato lo stagno, nonostante il nostro vagabondare. Alla nostra destra si stendono le acque ferme dello stagno, dove si è radunato un gruppo di fenicotteri, intenti a pasteggiare, filtrando l’acqua con i becchi. E’ la prima volta che vedo da vicino dei fenicotteri e per me è una grande emozione. Nonostante la vicinanza della strada provinciale, molto trafficata, se ne stanno tranquilli in acqua, indifferenti al mondo.

Seguendo lo sterrato, passiamo alla zona delle saline, che attraverseremo e ammireremo, fino ad arrivare alla zona industriale di Macchiareddu. L’ambiente delle saline è strano per noi: le incrostazioni di sale sono ovunque e l’acqua ferma è torbida, l’odore particolare. Sarebbe tutto molto bello e quasi surreale, se non ci fosse un vero deposito di bottiglie vuote di Ichnusa a decorare il bordo della strada. Proseguiamo nell’area industriale e le auto sono sempre più rare, mentre gli stagni e le saline lasciano il posto agli eucalipti, che ci accompagneranno fino al bivio di Santa Lucia.

Questa parte del Cammino è piuttosto noiosa e dura da affrontare, soprattutto per il vento freddo che prende a schiaffeggiarci appena ci incamminiamo verso ovest, sul rettilineo infinito della SP 1.

Non si può dire che oggi abbiamo camminato molto, ma la levataccia, il viaggio e poi il ponte hanno minato la resistenza mentale dei pellegrini e, si sa, quando la testa molla, il corpo segue a ruota. E’ così che, poco dopo essere passati davanti al parco eolico che costeggia la provinciale, i doloretti del primo giorno e la stanchezza iniziano a reclamare l’attenzione e quando vediamo che un agriturismo sulla destra della strada è aperto e pieno di gente, l’istinto di fermarsi e bere qualcosa è irrefrenabile. Ma ormai anche l’ora è tarda e dopo una sosta si rischia di riprendere a camminare al buio. L’idea non ci sorride, quindi ci risolviamo a telefonare a Massimiliano, il nostro ospite e hospitalero per questa sera, che, molto gentilmente, ci viene a recuperare in macchina, mentre papà sta finendo la sua bibita. La serata si conclude in allegria a casa di Massimiliano, che ci offre un’ospitalità calda e generosa, preparando un magnifico risotto coi carciofi e sfornando frutta fresca, tisane, formaggi a volontà!

 

25 novembre. Santa Lucia – Pantaleo a piedi.

Oggi abbiamo perso un pellegrino: la parte finale su asfalto di ieri e un callo trascurato hanno messo fuori gioco un piede di mio padre. Così, per evitare guai peggiori, riusciamo a convincerlo a tornare a Cagliari con Massimiliano e a prendere un treno da lì per raggiungere Angelo, il nostro ospite di questa sera.

Mamma ed io ripartiamo, invece, dal bivio di Santa Lucia, per raggiungere Pantaleo. La tappa normale, in realtà, arriva a Santadi, circa 8 km più in là, ma Angelo ha in mente di farci vedere un sacco di posti che ama particolarmente del suo territorio e quindi dobbiamo conservare un’oretta di luce e a novembre le ore di luce sono poche. Partiamo di buon passo e imbocchiamo senza problemi il Cammino, seguendo le frecce gialle, che ci conducono sulla strada forestale sterrata che porta a Pantaleo. Il percorso è immerso nella Foresta di Pantaleo e lungo la via si incontrano solo due presidi della Guardia Forestale, quindi è necessario comprare qualcosa da mangiare prima di partire, se si ha l’abitudine di nutrirsi. La strada è larga e comoda, in una salita morbida ma costante: si continua a salire lentamente per quasi 18 km. Man mano che la strada si snoda nella foresta, voltandosi indietro si ha la percezione del cammino percorso e della bellezza del territorio, praticamente sconosciuto ai turisti. Per la prima volta ho visto una sughereta e mi hanno colpita gli alberi spogliati fino a una certa altezza: una materia prima antica e completamente naturale!

Il Cammino alle nostre spalle

Quando la salita termina e si vede dall’altra parte, la sorpresa è che anche in questa direzione si stende una foresta apparentemente sterminata e intatta: Massimiliano ci aveva anticipato che avremmo attraversato la più grande lecceta d’Europa… chi l’avrebbe detto che avremmo camminato in una foresta così vasta nel sud della Sardegna?!

La discesa inizia più decisa della salita e dopo un’ora di cammino e diverse curve, ci porta a Pantaleo, dove c’è un presidio della Guardia Forestale, circondato da un bel muretto in pietra contro il quale appoggiamo gli zaini e su cui… schiacciamo un meritato pisolino!

La strada che ci attende nella foresta di Pantaleo

Dopo una breve attesa, arrivano Angelo e papà che ci caricano e ci portano a vedere i posti più belli dell’area di Carbonia, dove vive Angelo. Riusciamo a vedere solo di lontano il sito di Monte Sirai (chiuso il lunedì), ma restiamo senza parole davanti al tramonto di Nebida con il Pan di Zucchero e gli Apostoli piantati nel mare a richiamare lo scoglio di Finisterre. Uno spettacolo mozzafiato.

Un po’ infreddoliti dal vento freddo, arriviamo a casa di Angelo, dove ci scaldiamo con un thé davanti al camino e poi ci ritempriamo con una bella doccia calda. La serata con Angelo e la sua famiglia è un altro dei doni del Cammino che porteremo sempre nei nostri cuori.

Il tramonto al Pan di Zucchero e gli Apostoli

 

26 novembre. Santadi – Teulada a piedi.

La mattina il gruppo si ricompatta e anche papà decide di rimettersi in Cammino con noi, così Angelo ci riporta tutti e tre a Santadi e dopo aver provveduto a segnare anche noi un pezzetto di Cammino per i pellegrini che ci seguiranno, ci abbracciamo e ci separiamo dal nostro nuovo amico. Zaini in spalla imbocchiamo la via che porta a Teulada. A poco più di un chilometro da Santadi incontriamo la chiesetta di Santa Maria di Monte Flacca. Anche oggi attraversiamo una zona poco abitata, toccando solo i due paesini di Su Benatzu e di Is Cattas. Percorriamo sempre delle tranquille strade forestali ampie e per lo più in battuto, che si snodano su e giù per le colline, attraversando pascoli di pecore e mucche lasciate libere, senza nemmeno i cani a fare la guardia, fatto che ci tranquillizza: mentre mio padre è una specie di San Francesco che ha il dono di andare d’accordo con gli animali, io e mia madre non siamo altrettanto fortunate, ma siamo pur sempre munite di bastoncini.

 

Lasciando Santadi

Fra Su Benatzu e Is Cattas si trovano le grotte di Is Zuddas, un luogo da visitare (sono lunghe solo 500 metri, quindi non prende troppo tempo), ma noi siamo già partiti piuttosto tardi e le giornate sono corte, così non ce la sentiamo di fermarci. Il paesaggio oggi è molto mosso, con lievi salite seguite da dolci discese, almeno nella prima parte. L’unico problema è piuttosto inaspettato per chi frequenta la Sardegna d’estate: l’acqua. Infatti, nella parte centrale del percorso, dove la strada sterrata costeggia un torrente fra gli alberi e talvolta ne attraversa il letto per evitare i limiti delle proprietà private, abbiamo trovato l’acqua del torrente che aveva invaso anche completamente tratti della strada. Fortunatamente, i campi circostanti sono pieni di grossi sassi piatti, ottimi per costruirsi dei guardi personalizzati e così ci siamo attrezzati, lanciando in acqua lastre di roccia per crearci dei passaggi rimpiangendo, per una volta, la soluzione che avremmo adottato se fossimo stati in bici, ossia accelerare e superare l’ostacolo, magari ridendo coi piedi in fuori.

Guadando il torrente

Dopo che la strada si separa dal torrente, inizia la salita, una salita abbastanza tranquilla e costante, che porta il pellegrino proprio sopra il paese di Teulada. Arrivata in cima alle colline, il paesaggio era meraviglioso, sia verso l’interno che verso sud, anche perché siamo arrivati in contemporanea con il calare del sole dietro le montagne, che ha conferito una tinta dorata a tutto quello che ci circondava. Dopo aver incontrato un pastore che ci ha parlato di Teulada, delle sue mucche e della sua vita fra le colline attorno a Teulada, abbiamo iniziato a scendere e, nel giro di un’ora, siamo arrivati infreddoliti in paese. E’ stato impressionante il calo della temperatura dopo la scomparsa del sole!

Questa sera abbiamo alloggiato presso un B&B, apparentemente l’unico aperto in questo periodo dell’anno, ma anche qui l’accoglienza è stata ottima e ben accetta, visto il freddo che ci era calato addosso!

 

Verso Teulada

27 novembre. Teulada – Chia a piedi.

Dopo un’ottima e abbondante colazione consumata al B&B, ci fermiamo un attimo al mercato comunale coperto di Teulada per acquistare qualcosa per il pranzo e per la cena: oggi, infatti, sappiamo che probabilmente non incontreremo altri posti per acquistare qualcosa e che dovremo organizzarci autonomamente per cena, poiché a Chia a fine novembre è tutto chiuso e ci hanno avvisati che non sarà possibile cenare al ristorante.

Lasciando Teulada

L’uscita da Teulada è tranquilla e, seguendo le indicazioni della guida e le frecce, imbocchiamo una strada forestale sterrata, comoda e ben tenuta che si inoltra nelle ultime montagne che ci separano dal mare. Emozionante, dopo poco più di un’ora di salita, la vista del mare in mezzo alle colline davanti a noi! E da lì, finalmente, si scende, dolcemente, fino alla spiaggia di Campionna, un vero spettacolo di tutte le tinte del blu dopo tutto il verde di questi giorni! Come in una specie di sogno, continuiamo a seguire il nostro Cammino guardando forse più il mare che non dove mettiamo i piedi. Poco dopo la spiaggia di Piscinnì, però, lasciamo la costa, tagliando grazie a un comodo sentiero il promontorio e risparmiandoci quasi 4 km di asfalto.

Una volta ritornati sulla strada asfaltata, però, perdiamo le frecce, forse anche a causa della distrazione causata da un diverbio accesosi fra di noi. Ed è una vera fortuna: dopo il Porto Malfatano, infatti, il Cammino segue un sentiero che porta al Faro di Capo Spartivento e poi allo Stagno di Su Giudeu, un percorso stupendo da un punto di vista paesaggistico, ma che ci avrebbe fatto perdere il nostro B&B prenotato per questa sera. Invece, ci sbattiamo praticamente contro alle 14.

La signora che gestisce il B&B è gentile, ma purtroppo pare che da queste parti l’inverno sia un ospite raro e le strutture sono poco attrezzate contro il freddo, così per scaldare un po’ l’alloggio dobbiamo sparare a manetta l’aria condizionata calda. Fortunatamente, però, io ricorro a una soluzione molto efficace: infilare il sacco a pelo dentro al letto e ottenere così una temperatura ottimale, sia per la siesta pomeridiana che per la notte!

 

28 novembre. Chia – Pula a piedi e…in autostop!

Partenza!

Partiamo appena c’è luce, ma comunque siamo consapevoli che aver fatto una tappa più breve ieri comporta dover camminare più a lungo oggi. Decidiamo di riprendere il filo delle frecce perse ieri e di riportarci quindi sulla costa. Raggiungiamo, seguendo le mappe, lo stagno di Su Giudeu e lo spettacolo ci lascia senza parole. L’acqua, gli scogli, la sabbia il mare la luce smerigliata delle 8 del mattino lasciano stupefatti… e infatti rimaniamo abbagliati a fare foto a raffica e quasi non riusciamo più a venire via. La stessa scena si ripeterà sulle spiagge che costeggiamo, insomma, a ben vedere spendiamo un sacco del tempo a nostra disposizione in uno spettacolo stupefacente che non ci aspettavamo e che ci ha incantati.

Lo stagno di Su Giudeu

A parte le nostre emozioni, una volta arrivati alla spiaggia di Porto Campana rimaniamo un po’ disorientati e solo dopo qualche vagabondaggio riusciamo a individuare il sentiero che poi si snoda, facile da seguire proprio alle spalle delle dune di sabbia, nella macchia, su un fondo sabbioso ma compatto. Una volta individuaro, il sentiero si segue facilmente e collega le varie spiagge e calette che seguono, fino alla grande spiaggia di Chia, famosa per la sua sabbia bianca, stupenda in questo periodo perché immacolata e intonsa, senza la folla dei turisti che la affolla d’estate. Proseguiamo imboccando la strada romana che collegava la città romana di Nora (Pula) con Bithia (Chia) e che ancora si snoda a picco sul mare o poco distante.

I fenicotteri nello stagno di Chia

Alla fine della strada romana, però, purtroppo, bisogna lasciare il mare e raggiungere la strada statale per alcuni chilometri, che sembrano non finire mai perché definiscono un rettilineo regolare e sempre uguale, fiancheggiato da infiniti alberi di eucalipto, che lasciano cadere sulla strada le foglie sottili e argentee e frammenti di corteccia sottili e croccanti. Dopo una sosta per il pranzo al market di Calaverde, abbiamo constatato l’impossibilità di seguire il lungomare di Calaverde perché la strada oggi è chiusa. Così, riprendiamo la statale.

Quando ormai manca poco più di un’ora di cammino, ma, ancora una volta, inizia a calare il sole, la stanchezza riprende il sopravvento sui nostri pellegrini. Ed è così che, dopo aver consultato l’orario del bus locale di Pula, detto Pollicino, è un altro pollice a scattare all’infuori e nel giro di meno di un minuto ci troviamo a bordo della macchina di un gentilissimo signore carico di funghi appena raccolti che ci dà un passaggio fino in paese.

La costa fino a Pula

 

29 nobembre. Pula – Cagliari in pullman.

Ormai il nostro Cammino è finito: ci rimane solo da visitare il sito fenicio-punico e romano di Nora e tornare a Cagliari. Vogliamo vedere un po’ la città prima di ripartire, magari fare qualche acquisto e domani non si potrà fare tutto questo perché io devo partecipare a una conferenza alle 15, così ci risolviamo a visitare con calma il sito archeologico, con l’aiuto di una guida molto gentile, e poi a prendere un pullman che in meno di un’ora ci riporta a Cagliari.

Così si conclude la nostra settimana di Cammino… un’esperienza bellissima e intensa i cui profumi e i cui colori non posso descrivere in queste righe… ma che porterò sempre con me, almeno finché non tornerò in terra sarda!