Era un mezzogiorno uggioso. A lungo ero rimasto indeciso se partire o no. Tanto avevo tempo! E’ sempre cosi’ nei giorni prima della partenza, quella vera, non quella sognata o immaginata nei mesi o nelle settimane che la precedono, studiando percorsi e leggendo note di altri camminanti. Non mi piace camminare con una guida in mano, fare attenzione al “gira a destra, vai a sinistra, guarda la chiesa, segui di qui, vai di là…”. Come se si potesse camminare senza guardare dove si mettono i piedi! Hanno una bella pretesa questi venditori di carta stampata e di cose spesso ormai cambiate nella realtà, che evolve nei mesi necessari alla pubblicazione (i tempi tecnici, li chiamano loro!). Per questo preferisco leggere racconti sul cammino da farsi, raccogliere informazioni svariate, studiare alternative, insomma approfondire al massimo le mie conoscenze e prepararmi un piccolo descrittivo dell’itinerario con qualche cartina generale ed andare senza farmi “guidare passo a passo”. E’ vero, ci si puo’ perdere! Ed allora? Volete mettere il gusto di perdersi e di ritrovare la strada? Non siamo mica nella giungla o nella foresta amazzonica! In ogni caso, camminare senza la guida in mano, permette di vedere ed anticipare gli ostacoli, di osservare il panorama e le cose della natura, lasciare che la mente viaggi libera nei pensieri, sogni e dialogati intimi. I piedi vanno da soli come se il corpo avesse messo il timone automatico e la testa si distacca dalla contingenza come se volasse lassù come un’aquila. Alcune volte mi sono fermato ad osservare questi uccelli (ma forse erano avvoltoi in cerca di carcasse o forse aspettavano che io lo diventassi..). Mi siedo e guardo i loro giri nel cielo. Cosa pensano dei puntini giù in basso, che siamo cibo? O che altro? Mi é venuto spontaneo pensare che il supposto “ senso di superiorità” di alpinisti estremi non sia che il riflesso del loro essere saliti cosi’ in alto, come le aquile, e di aver visto noi puntini neri cosi’ in basso, granelli di polvere.
Dopo aver fatto e rifatto lo zaino 10 volte, dal massimo al minimo indispensabile (che poi é ancora troppo), scendendo ai fatidici 12 kg a cui si aggiungono acqua e provviste, l’ho provato e riprovato sulle spalle e l’ho messo li’ sulla sedia. Nella testa sono pronto, nel fisico un po’ meno. So già che perdero’ i miei 4 kg di troppo, che mi prendero’ il raffreddore nella prima settimana di vita continua all’aria aperta e spesso anche la tosse devastante che ti impedisce di riposare la notte (ma impedisce anche agli altri di farsi il loro meritato riposo), che a furia di mangiare panini le mie vie digestive saranno messe a rude prova (ahi le emorroidi), che articolazioni e giunture soffriranno (ricordati di bere!), che le mie spalle devono farsi la curva e la loro pelle ispessirsi sotto il peso dello zaino. Andare piano e tappe corte per cominciare, ma per adesso sono ancora a casa…
Allora aspetto uno squarcio di sole per mettermi in cammino, come sempre da casa, chiudendo la porta dietro di me, come se cominciasse di nuovo una vita, solo, in cammino, per trovare la forza dentro di me e poterla trasmettere ad altri che ne cercano. Certo! camminare non é la ricetta miracolo, ma in molti casi il distacco da una vita di problemi, di cui non si vede la soluzione, permette di rimetterla a fuoco, di pensare soluzioni inedite ed insperate, di guardare le cose da un’altro angolo, sotto un altro aspetto e di porsi obiettivi, di prendere risoluzioni. Se poi al ritorno a casa queste saranno rispettate, questo é un altro discorso… Oppure saranno di nuovo un alibi per ripartire…
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