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I Giacomo nel Nuovo Testamento.
1) Gesù invita Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo e Maria Salomè, a seguirlo.
Giacomo in epoca tarda è chiamato il Maggiore, ma questo qualificativo non compare in nessun testo biblico. Giacomo non è originario di Compostella e non ci è mai andato.
2) Il secondo Giacomo apostolo è il figlio di Alfeo, fratello o cugino di Gesù, primo vescovo di Gerusalemme, martirizzato, dopo essere stato buttato giù dalla rupe del Tempio di Gerusalemme e lapidato, con un grosso bastone nodoso, un pilone, che serviva ai fabbricanti di stoffe per battere i tessuti di lana mescolati a prodotti sgrassanti per liberarli da oli e sudiciume (così dice Jacopo da Voragine nella Leggenda aurea). L’evangelista Marco lo chiama il piccolo, che diventerà poi il Minore.
3) Nel Nuovo Testamento sono citati altri Giacomo, senza precisarne l’identità:
• Il redattore dell’Epistola omonima;
• Giacomo, fratello di Giuda redattore dell’Epistola di Giuda;
• Giacomo, padre di Giuda apostolo, citato negli Atti degli Apostoli.
Ad altri Giacomo (o agli stessi) sono attribuiti dei testi, che non sono stati convalidati dal Canone della Chiesa, come il Protovangelo di Giacomo e gli Atti di Giacomo.
I nostri spiriti razionalisti moderni hanno bisogno di definizioni chiare, ma i testi canonici non ne apportano ed ancora meno i numerosi scritti apocrifi o leggendari. Inoltre, le fonti più sicure sono state interpretate in modo diverso secondo le epoche ed i luoghi. Cerchiamo di vederci più chiaro.
Due Giacomo tra i dodici apostoli:
- “il primo apostolo è Simone detto Pietro; segue suo fratello Andrea; poi Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo. Questi sono il cerchio ristretto, presenti ai fatti più importanti. Seguono Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il daziere, Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone zelota (il cananeo) e Giuda Iscariota, quello che lo tradì” (Matteo 10,2-4)
- “Quando fu il momento, chiamò i suoi discepoli e ne scelse dodici, a cui diede il nome di Apostoli: Simone che chiamò Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo figlio d’Alfeo, Simone detto zelota, Giuda figlio di Giacomo e Giuda Iscariota che divenne traditore” (Luca,6, 14-15)
- “Gesù sale al monte e chiama a sé i seguaci. Vennero e lui ne scelse dodici per stare con lui e per scacciare i demoni. Pietro, soprannome che diede a Simone, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, ai quali diede il soprannome di Boanerges, cioè figli del tuono, Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo figlio di Alfeo, Taddeo, Simone zelota (il cananeo) e Giuda Iscariota, quello che lo tradirà” (Marco 3, 13-19).
Nei testi canonici, i due fratelli Giacomo e Giovanni appaiono nei fatti significativi della vita di Gesù.
• Sono con lui per la resurrezione della suocera di Pietro (Marco 1 29sq) e quella della figlia di Jaïro (Luca 8, 51 Marco 5,37).
• Con Pietro, assistono alla Trasfigurazione sul monte Tabor (Marco 9, 1 Matteo 17,1).
• Prima della Passione fanno parte di un gruppo ristretto (Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni) che raccoglie un insegnamento particolare, in disparte (Marco 13, 3-4).
• Con Pietro sono invitati a vegliare durante l’agonia di Gesù a Getsemani sul monte degli Ulivi (Marco 14, 33 Matteo 26, 37).
• Luca racconta che i due fratelli hanno la facoltà di controllare il fuoco del cielo: Gesù manda dei messaggeri per preparare il suo ingresso in un villaggio di Samaria. «Ma non viene accolto… Allora i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: – Signore, vuoi che facciamo scendere il fuoco dal cielo e che li consumi?» (Luca 9, 5156). Ma Gesù li rimproverò.
• Forse incoraggiata dai favori di cui godevano, la madre reclama per loro dei posti privilegiati (Mat. 20, 20); in san Marco sono i due fratelli che fanno questa richiesta (Mc.10, 35). Ma Gesù gli dice “voi non sapete quello che chiedete” e che dovranno «bere alla sua tazza». Giacomo sarà d’altronde il primo apostolo nell’imitare il suo maestro, accettando il martirio: Erode «soppresse con la spada Giacomo, il fratello di Giovanni» (Ac 12,2).
• Dopo la Resurrezione, Giovanni ce li fa vedere con qualche discepolo ai bordi del lago di Tiberiade per una pesca miracolosa di primo mattino (Jn.21, 2sq).
Giacomo, figlio di Alfeo; Giacomo, fratello di Gesù; Giacomo al Concilio di Jerusalem.
Abbiamo parlato di Giacomo, figlio d’Alfeo, quello che figura nelle liste degli apostoli.
• È di quella famiglia di cui parla Matteo (Mt.13 55), fratello di Gesù con Giuseppe, Simone, Giuda?
• È il Giacomo il piccolo (Minore), figlio di Maria, madre di José e Salomé che stanno ai piedi della croce? (Mc.15 40).
• È il Giacomo a cui il Cristo risuscitato è apparso «… è apparso a Cefa, poi ai Dodici, … poi a più di 500 fratelli. Dopo é apparso a Giacomo, poi a tutti gli apostoli» (1Co.15,7)? Gli esegeti sembrano d’accordo per riconoscere in questo «fratello del Signore» l’apostolo a cui Pietro fa annunciare la sua liberazione: «a Giacomo ed ai fratelli» (Ac 12,17); quello che Paolo incontra a Jerusalem nel corso della sua visita a Cefa «non ho visto altro apostolo, ma solo Giacomo, fratello del Signore» (Ga.1, 19), quello che fece autorità nella Chiesa primitiva (Ac.15,13sq) al primo concilio di Jerusalem. Quello a casa del quale Paolo va a Jerusalem, poco prima del suo arresto là «dove gli anziani si riunirono» (Ac.21, 18).
Atti 1: 13; 1:13 – Quando furono entrati, salirono nella sala di sopra dove di consueto si trattenevano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo d’Alfeo e Simone Zelota, e Giuda di Giacomo. È quello stesso Giacomo che Paolo aveva incontrato con Barnabé: “Giacomo, Cefa e Giovanni, questi notabili, queste colonne, ci tesero la mano …” (Ga.2, 9). Questa epistola ai Galati precisa «fratello del Signore» alla prima menzione di Giacomo, ma non alla seconda. Come interpretarla: Paolo (o un copista, o un traduttore?) avrebbe evitato una ripetizione oppure si tratta di un altro Giacomo?
Altre menzioni di Giacomo nel Nuovo Testamento
Chi era Giacomo, fratello di Giuda, autore d’una epistola: «Giuda, servitore di Gesù, fratello di Giacomo» (Jd 1)? Nulla di preciso sull’identità di Giacomo, autore dell’Epistola, che si presenta come: «Giacomo, servitore di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che vivono nella dispersione» (Jc.1, 1). Nella lista che egli da’ all’inizio degli Atti degli Apostoli, san Luca fa apparire «Giacomo, padre di Giuda». Chi è questo personaggio che non compare altrove?
Ai piedi della croce, Maria, madre di chi?
Con Maria, madre di Gesù, altre donne hanno assistito alla Crocifissione. Quali? Gli Evangelisti non ce le presentano in modo identico:
• Giovanni: «Presso la croce stavano sua madre, la sorella di sua madre, Maria, moglie di Clopas, e Maria di Magdala» (Jn.19, 25).
• Marco: «Maria di Magdala, Maria la madre di Giacomo il piccolo e di José, e Salomé» (Mc.15, 40).
• Matteo scrive: con Maria di Magdala stavano: «Maria, madre di Giacomo e di Giuseppe e la madre dei figli di Zebedeo» e dopo la sepoltura, «Maria di Magdala e l’altra Maria erano sedute di fronte al sepolcro» (Mt.27,61). Saranno al terzo giorno, i primi testimoni della Resurrezione (Mt.28, 1).
Di Maria, madre di Gesù, i testi sacri dicono poco; Luca dice semplicemente che lei è stata «la servente del Signore». La storia della sua vita è conosciuta grazie ai testi apocrifi, di cui il primo e più importante è il Vangelo di Giacomo.
Chi erano le sue compagne ai piedi della croce? Come sono in rapporto con i Giacomo dei Vangeli?
• Maria di Magdala è quella che Gesù ha liberato dai sette demoni (Lc.8, 2), lei lo ha seguito e servito. Nessun legame familiare con uno dei Giacomo.
• L’altra Maria di Matteo e la sorella della Vergine, citata da Giovanni, sono la stessa persona?
• Maria, moglie di Clopas, è la madre di Giacomo figlio d’Alfeo? Questo vorrebbe dire che Clopas e Alfeo sono la stessa persona.
• Questa Maria potrebbe anche essere «l’altra Maria», designata così da san Matteo, Madre del Fratello del Signore, a proposito del quale la gente di Nazareth s’interroga: «Non è il figlio del falegname? Sua madre non si chiama Maria, ed i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?» (Mt.13,55) o, secondo Marco: «Non è il falegname, il figlio di Maria, ed il fratello di Giacomo, di Giuseppe, di Giuda e di Simone?» (Mc 6,3)
Nel corso del XIII secolo, il domenicano Giacomo da Voragine, nella Leggenda Aurea, regola il problema delle tre Marie, dicendo che erano figlie di sant’Anna. Si riferisce solo alla «tradizione» per dare, alla data della natività della Vergine, la spiegazione seguente, poi conosciuta sotto il nome di Santa Parentela:
• Anna ebbe tre mariti in sequenza: Gioacchino, Cleofa e Salomé.
• Da Gioacchino ebbe una figlia, la Vergine Maria.
• Poi, dopo la morte di Gioacchino, sposò Cleofa, fratello di Giuseppe, da cui ebbe ugualmente un’altra figlia di nome Maria che più tardi sposò Alfeo.
• Questa seconda Maria ebbe da Alfeo quattro figli: Giacomo il minore, Giuseppe il giusto, Simone e Giuda.
• Infine, dal suo terzo matrimonio con Salomé, Anna ebbe ancora una figlia, anche lei chiamata Maria e che sposò Zebedeo.
• E da questa terza Maria e da Zebedeo che sono nati Giacomo il Maggiore e Giovanni l’Evangelista.
Questa Santa Parentela aggiusta molti problemi di genealogia:
• i due Giacomo e Gesù sono cugini germani (i problemi di somiglianza sono aggiustati);
• Giuda é fratello di Giacomo il Minore;
• Anna é la moglie di Cleofa e non sua suocera;
• la Vergine Maria ha quindi sposato Giuseppe, fratello di Cleofa, il marito di sua madre Anna;
• Ed è dunque sua suocera Maria che ha un figlio di nome Giuseppe, da dove deriva che Giacomo e Giuseppe (o José) sono fratelli…
• E tutti quanti si ritrovano: la Vergine Maria ha dunque un figlio solo, Gesù, con due nipoti.
I santi Giacomo, visti dalla Chiesa primitiva e dalla Chiesa medievale.
Negli scritti ai primi tempi del Cristianismo, ogni autore si sforza di capire e di identificare ognuno di questi Giacomo, utilizzando la propria riflessione, a partire dalla lettura d’altri testi o dalla tradizione orale.
• Un esempio, già dal I secolo: Flavio Giuseppe pensa che Giacomo, fratello di Gesù, sia stato martirizzato con altri compagni, lapidato e poi gettato dalla terrazza del Tempio e finito con la mazza per battere i tessuti.
• Per Gregorio di Tours, nel VI secolo, uno degli apostoli è Giacomo il Giusto, l’altro è il fratello del Signore,[1] senza parlare di Maggiore o Minore. Questo autore è molto letto fino al XIII secolo.
• Per Michele il Sirio, storico delle crociate e patriarca jacobita d’Alessandria nel XII secolo, si tratta di Giacomo, figlio di Zebedeo, che fu martirizzato con il pilone della battitura: «Giacomo, figlio di Zebedeo e suo fratello erano della tribù di Zabulon, del villaggio di Beit-Çayda. Giacomo predica a Jerusalem. E poi fu martirizzato dagli Ebrei con la mazza di legno per battere i tappeti» [2].
• La tradizione delle chiese cattoliche orientali afferma che la Turchia fu evangelizzata dall’apostolo Giacomo, che fu l’autore della liturgia usata fino al XII secolo a Antiochia, Jerusalem e Cipro, nelle chiese di rito cattolico ammesse da Roma [3]. Questa liturgia risale al VI secolo, forse pure al IV, anche se i manoscritti che l’hanno conservata datano della fine del X secolo (altri pensano al contrario che la chiesa jacobita deve il suo nome a Giacomo Baraddai, che nel VI secolo ha organizzato il monofisismo in Siria, ma riprendendo questa liturgia più antica).
[1] Grégoire de Tours, Histoire des Francs, R. Latouche trad., Paris, Belles Lettres, 1963, 2 vol., t.I, livre I, chap. XXII, p.50 et chap. XXVI, p.52
[2] Chronique de Michel le Syrien, patriarche jacobite d’Antioche (1166-1199), J.B. Chabot éd. Paris, 1901, 4 vol., t.I, p.148 King G., The way of san James, New-York, 1920, 3 vol., t.III, p.336
[3] Aigrain, R., Liturgia, Paris, 1930, p.875
Il discorso di Compostella
Nel XII secolo, Compostella si preoccupa di individualizzare il “suo” san Giacomo. Ecco perché uno dei grandi sermoni del Codex Calixtinus, il Veneranda dies, chiede di non confondere il figlio di Zebedeo con il fratello carnale del Signore [4]. E pare proprio che i due termini di Maggiore e Minore figurino per la prima volta in una interpolazione fatta nella “Historia compostelana” [5], nel corso di un rimaneggiamento posteriore al 1120. In questo momento il capitolo del manoscritto che racconta l’arrivo della testa di san Giacomo viene rinominato: «Della testa di san Giacomo il Minore». Questa distinzione era indispensabile per spiegare l’arrivo di una testa che in teoria doveva già essere nella tomba.
I racconti dei Domenicani
Quando i domenicani [6], nel XIII secolo, furono incaricati di rimettere ordine nella confusione che regnava nei florilegi della Vita dei Santi, adottarono per san Giacomo il Maggiore le distinzioni originarie dei testi che raccontano la leggenda spagnola della Traslazione miracolosa di san Giacomo in Spagna. Giovanni di Mailly [7] lo dichiara chiaramente nel 1225, quando dice di aver lavorato secondo “papa Callisto, il papa Leone” [8]. Per il Minore, si é ridotto ad attribuirgli tutto quello che non aveva dato al santo spagnolo, utilizzando allora dei documenti molto più antichi che cita [9]. Vincent de Beauvais e Giacomo da Voragine hanno preso dalle stesse fonti.
Questo Giacomo il Minore dei domenicani presenta quindi un aspetto molto composito. Lo si presenta come Giacomo, fratello del Signore, tanto somigliava a «Gesù Cristo di faccia, nella persona, nel modo di essere, come se fossero stati due gemelli della stessa madre», ritratto preso da sant’Ignazio [10].
Non é un altro figlio di Maria e Giuseppe? Un figlio di Giuseppe, da un primo matrimonio? O un cugino germano? È il Giacomo primo vescovo di Jerusalem, martirizzato con il pilone, o il Giacomo il Giusto, modello degli eremiti che, secondo Gregorio il Prete, nel XII secolo, «mai bevve vino o birra, né mangiò carne, né si tagliò i capelli e barba, né usò olio né si lavò [11]. Abbiamo visto in precedenza come Giacomo da Voragine regola gli spinosi problemi di genealogia nel corso del VIII sec
[4] David P., Études sur le Livre de San Giacomo attribué au pape Calixte II, Bulletin des Études Portugaises et de l’Institut Français au Portugal, t.XI, 1947, p.117, analyse du Veneranda dies, liv. I, chap. XVII et t.XIII, 1949, p.63
[5] Historia compostelana, v. 1107-1140, éd. Ed.Falque Rey, Corpus «Cristoianorum, «Continuatio «medievalis, vol. LXX, Turnhout, 1988, livre I, chap. 112 p.221-222
[6] Dubois J. et Lemaître J.L., Sources et méthodes de l’hagiographie médiévale, Paris, Cerf, 1993, p. 33-41.
[7] Giovanni de Mailly, Abrégé des gestes et miracles des sans, trad. A. Dondaine, Paris, 1947, p.13-14
[8] Vedere lo studio di Bernard Gicquel, La légende de Compostelle, Paris, Tallandier, 2003 in cui spiega la genesi del Codex Calixtinus, traduzione italiana di Flavio Vandoni su www.camminando.eu
[9] Dondaine A., Giovanni de Mailly et la Légende Dorée, Archives d’histoire dominicaine, t. I, 1946, p.98
[10] Ignace d’Antioche, Lettres, éd. et trad. Th. Camelot, Paris, 1944
[11] Giacomo de Voragine, La légende Dorée, v.1255, J.B.M. Rose, Paris, Garnier Flammarion, 1967, 2 vol., t. I, p.334
Gli scritti di Giacomo o quelli che parlano di Giacomo
- L’Epistola di Giacomo [12]
Questa epistola, al cui proposito gli esegeti hanno molto esitato, tende oggi ad essere attribuita ad un altro Giacomo, e non al Maggiore o al Minore. Ma nel Medioevo é spesso attribuita al Maggiore, anche a Compostella che, dal XII secolo, ne fa’ l’epistola della Messa della vigilia di san Giacomo, il 24 luglio [13]. - Nel corso del VIII secolo un testo che tratta la vita degli apostoli e dei Padri della Chiesa “Nascita e morte dei Padri” dice senza ambiguità: «Giacomo, figlio di Zebedeo, fratello di Giovanni, quarto nell’ordine, scrisse alle dodici tribù disperse tra i Gentili; predicò il Vangelo in Spagna e nelle contrade occidentali e portò la luce della predicazione nel tramonto del mondo. Fu decapitato sotto Erode il tetrarca e sepolto in Marmarica».
- Guillaume Durand, nel XIII secolo, nel suo “Razionale dei divini uffizi” considera ugualmente, ma con prudenza, che Giacomo il Maggiore ne é l’autore, poiché ha scritto: «a san Giacomo il Maggiore…aucuns dient cest epistre Jam non estis hospites …» [14].
- Nel XIX secolo Monsignor Duchesne esitava ancora poiché si ricordava il testo del VIII secolo citato prima [15].
Quale che sia l’autore, questa epistola ha una grande importanza per tutti i fedeli poiché introduce l’estrema unzione ed invita al lavoro come espressione della fede: “senza opere la fede è morta”. Non si parla forse del «sacramento del signor san Giacomo»? Quante cappelle funerarie, quante statue dell’apostolo sulle tombe gli dobbiamo? Da loro si sono ispirate forse, molto più tardi, gli alchimisti e le raccolte di leggende apostoliche [12] Jc, V, 14
· Papiro 20 · P.Oxy. IX 1171 · Recto ·Princeton Papyri Collections (C0401), AM 4117 · Finale (a) del s. III d. JC. · Capítolo 2, 19 al Capítolo 3,1 al 3 della Epístola di Santiago: “…l’uomo é giustificato per le opere, e non solamente per la fede.” Epístola di Santiago 2:24
[13] David P., Etudes sur le Livre de San-Giacomo attribué au pape Calixte II, Bulletin des Etudes Portugaises et de l’Institut Français au Portugal, t.XI, 1947, p.137
[14] Guillaume Durand, Le racional des divins offices à l’onneur de N.S. JesuCristo…, Paris, 1503, rééd. Paris, 1854, 5 vol., vol. I, p. 67.
[15] Duchesne L., Les anciens compagnons du tour de France…Actes du IIIe congrès scientifique international catholique (1894), Bruxelles, 1895, p. 8
Il Vangelo di Giacomo
Il vangelo di Giacomo passa per essere opera di Giacomo fratello del Signore (XXV 1. “io, Giacomo, che ho scritto questa storia, mi ritirai nel deserto, quando in Jerusalem ci furono disturbi a causa della morte di Erode. 2. E, fino a quando non si calmò l’agitazione in Jerusalem, rimasi nel deserto, glorificando Dio Onnipotente, che mi ha concesso favore ed intelligenza sufficienti per scrivere questa storia”), cosa che, in virtù di quello che abbiamo costatato prima, non risolve nulla, poiché non sappiamo bene chi sia il fratello del Signore. Si considera da lungo tempo che questo vangelo apocrifo fu terminato nel IV secolo sulla base di elementi databili al II secolo.
Apocrifo o no, questo vangelo é stato molto letto nel Medioevo, poiché è il solo testo che racconta la vita della vergine Maria, la sua concezione, la sua infanzia, Giuseppe e la concezione di Gesù, etc. Certamente è per questa ragione che san Giacomo é così spesso associato alla Vergine, di cui ha così bene raccontato la storia, fonte d’ispirazione per l’immaginario e le leggende.
[NDR: Il Protovangelo di Giacomo – noto anche come Vangelo dell’Infanzia di Giacomo o come Vangelo di Giacomo – è un vangelo in lingua greca composto probabilmente verso il 140-170. Espande i racconti dell’infanzia di Gesù contenuti nel Vangelo secondo Matteo e nel Vangelo secondo Luca, fino a presentare un’esposizione della nascita e dell’educazione di Maria, per poi rielaborare le narrazioni canoniche sulla natività di Gesù. Si tratta del più antico testo cristiano che sostenga la verginità di Maria non solo prima, ma durante e dopo la nascita di Gesù. È uno dei vangeli apocrifi (non è cioè incluso in alcun canone biblico). Tuttavia la tradizione cristiana ha accettato alcune delle informazioni in esso contenute, in particolare relativamente alla vita di Maria e dei suoi genitori Anna e Gioacchino. Deve il nome “protovangelo” all’umanista francese Guillaume Postel nel XVI secolo ed è relativo all’antecedenza cronologica degli eventi in esso narrati rispetto al materiale contenuto nei quattro vangeli canonici.
Il testo si presenta come scritto da Giacomo a Gerusalemme (24,1), suggerendo come autore Giacomo il Giusto “fratello del Signore”, morto nel 62. Gli studiosi sono tuttavia concordi nel ritenere tale attribuzione pseudoepigrafa: stile e linguaggio del testo, come anche la carente conoscenza di usi civili e religiosi giudei, ne rendono impossibile la paternità a Giacomo, che la tradizione successiva ha descritto come cristiano e giudeo fervente. Inoltre il fatto di usare come fonti il Vangelo secondo Matteo (da cui trae la narrazione della strage degli innocenti) e il Vangelo secondo Luca (da cui riprende la nascita di Giovanni da Elisabetta), entrambi composti ben oltre la data della morte di Giacomo, rende impossibile la composizione per mano di Giacomo. L’opera fu composta verso la metà del II secolo. La prima menzione del testo è da parte di Origene (185-254), che nel Commentario al Vangelo di Matteo (probabilmente 246-248), relativamente alla questione dei fratelli di Gesù, accenna a un Vangelo di Pietro e a un “Libro di Giacomo”. Nel Decreto Gelasiano (databile 492-496) viene elencato tra le opere apocrife. Tre sono le fonti principali per il testo: le tradizioni extra-canoniche, l’Antico Testamento nella redazione della Septuaginta e i vangeli canonici di Matteo e Luca. Alle prime risale l’elemento della nascita in una caverna, noto anche a Giustino di Nablus; interi paragrafi richiamano da vicino passi della Septuaginta; la fusione in un’unica armonia delle due narrazioni evangeliche, matteana e lucana, forma infine la trama su cui si dipana la narrazione del Protovangelo]
Gli Atti di san Giacomo
Gli Atti di san Giacomo [16] sono stati scritti verso 750-800 e conservati in un solo manoscritto greco del XII secolo. Riportano i funerali ufficiali di Giacomo, il primo apostolo martire, a Jerusalem dove, precisa bene il testo, è venerato. “Dopo la morte per spada del beato e santo apostolo Giacomo e del soldato che era con lui, gli apostoli Pietro, Giovanni, Giacomo fratello del Signore e gli altri, si riunirono prestamente, fecero dei lunghi gemiti e grandi lamenti, e poi i funerali con inno funebre, e li avvolsero in stoffe preziose, il trenta del mese di aprile. Dei prodigi insigni, numerosi, meravigliosi e sorprendenti, si produssero sulla sua tomba, non solo in quel momento, ma ancora oggi…” Noi siamo là in piena contraddizione con la leggenda compostellana, che più tardi afferma che in quell’epoca, san Giacomo riposava già nella sua tomba, dimenticato da tutti sotto la terra di Galizia. Ma che importa!!!
Questo racconto degli Atti di san Giacomo é ancora conosciuto nel XII secolo, poiché in quel momento l’avversario del vescovo di Compostella, Maurice Bourdin, ruba a Jerusalem la testa di san Giacomo (quella stessa che oggi passa per essere la testa di Giacomo il Minore…).
Un testo copto, riprendendo questi Atti, racconta che l’apostolo san Giacomo, mentre andava in Lidia con Pietro e arrestato con lui in cammino, guarisce il figlio di uno dei giudici che li aveva condannati a morte. Questi Atti precisano anche che, durante dieci anni, san Giacomo ha guarito gli indemoniati. Bisogna quindi imperativamente tener conto del fatto che coesistono parecchie leggende di san Giacomo, che i fedeli accettavano in blocco, senza discuterle, e secondo una logica fondamentalmente diversa da quella che si sviluppò in seguito. Quella di Compostella non aveva certo una qualsiasi preminenza sugli altri, tanto più che pare bene che abbia copiato, come il resto dell’Occidente, un certo numero delle sue leggende in Oriente.
[16] Actes de san Giacomo, éd. Et trad. E. Ebersolt, Paris, 1902, p.17, § 14
Altri san Giacomo venuti d’Oriente con i Crociati.
Agli apostoli si amalgamano altri santi orientali omonimi, autori di testi e leggende, importati massicciamente soprattutto dopo la presa di Costantinopoli, talvolta anche le loro reliquie.
Giacomo di Nisibi- Il grande Giacomo
- Téodoreto di Cirro, nel V secolo, trasmette nella sua Storia Filotea (o Storia religiosa) una tradizione che faceva parte della leggenda di san Giacomo, di cui i prodigi non hanno equivalente in nessuna delle trenta altre note di questa opera. Ne traccia un ritratto che fa di lui, nel suo aspetto, un doppione di Giacomo il Giusto: “Nisibi è una città al limite dell’impero dei romani e dei persiani. Originario di questa città, il grande Giacomo prese a vivere nel deserto, salendo in cima alle più alte montagne. In primavera, estate ed autunno, approfittava dei boschi con il cielo come tetto. Durante la stagione invernale, una caverna gli offriva un rifugio. Il suo nutrimento era quello che si trova in natura. L’uso della lana era troppo per lui, poiché usava il pelo di capra più rude per la sua tunica e per il suo mantello. Lo insediarono nella funzione episcopale e ottenne il seggio della sua città natale. Non cambiò né alimentazione né abbigliamento”.
- Un altro passaggio sulla sua vita evoca il san Giacomo Matamoros, che appare nel cuore delle battaglie. Molto prima della leggenda compostellana, Téodoreto racconta come Giacomo di Nisibi salvò la sua città dal re dei Persiani: “… [Dopo la morte del re Costantino] il re dei Persiani marciò su «Nisibi alla testa di una numerosa cavalleria e fanteria… I cittadini raddoppiarono le loro preghiere, con il grande Giacomo come intercessore… Poi tutti supplicarono l’uomo di Dio di mostrarsi sugli spalti e di scagliare le sue maledizioni contro i nemici. Il santo si mostrò… Quando il re empio scorse l’uomo divino sugli spalti, immaginò che fosse l’imperatore dato che lo vedeva vestito di porpora e coronato di diadema…” [17]. Téodoreto in persona non resiste ad un paragone con l’apostolo, il Boanerges del vangelo: “Quello che ammiro ancora di più, dice, è che Giacomo, anche se usa delle imprecazioni, non chiese l’intervento di tempesta e di fulmini… In effetti, Giacomo aveva sentito il Signore dire chiaramente a Giacomo ed a Giovanni che avevano tentato di fare lo stesso prodigio “Non sapete di quale spirito siete?” Ecco perché non chiese che la terra si aprisse sotto i suoi piedi…”.
- Altra analogia con la futura leggenda compostellana, il modo in cui gli invasori sono puniti, che evoca il modo usato nella leggenda di Turpino per raccontare come Al Mansour fu privato della vista e preso da dissenteria, dopo la conquista di Compostella: “…Quando ebbe sotto gli occhi l’immensa moltitudine dei nemici, pregò Dio di mandare una nube di insetti e di zanzare… Gli uomini erano trafitti dai dardi divini, i cavalli e gli elefanti rompevano i legacci e scappavano dappertutto, incapaci di sopportare queste punture…”.
- Anche se Téodoreto é stato tradotto in latino solo nel XVI secolo, la sua storia di Giacomo di Nisibi era già conosciuta da Gregorio di Tours [18] che vi fa allusione: “Fu sotto il regno di Costanzo che visse Giacomo di Nisibi. Cedendo alle sue preghiere, le orecchie della divina clemenza allontanarono molti pericoli dalla sua città”.
- Questa leggenda figura, appena modificata, nella Cronica di Gregorio il prete, datata negli anni 1162-1163, con l’unica differenza che san Giacomo è diventato un’apparizione: “… Nel momento in cui l’assalto stava per cominciare, san Giacomo apparve di colpo sugli spalti vestito come un sovrano. Tutto intorno le legioni celesti … Vedendoli, i Persiani spaventati non osarono superare gli spalti che avevano rovesciato. E non è tutto… delle nubi di vespe, calabroni e tafani assalirono i cavalli… Questo flagello fu mandato dal cielo come punizione umiliante… Il re dei Persiani si ritirò, sconfitto e coperto di vergogna, dopo questa disfatta inflittagli dalla protezione del Cristo e la mediazione di san Giacomo”» *[19]».
Come potrebbe un profano non confondere le due leggende? - Téodoreto di Cirro qualifica inoltre Giacomo di “Grande Giacomo»”, poi descrive a lungo le catene che portava il santo: “delle pesanti catene in ferro gli circondavano il collo e le reni. Altre catene partivano dal collier, due davanti e due dietro in obliquo verso la cintola per formare una X… e legavano tra loro le due catene del collo e delle reni… Le sue braccia portavano anche fino ai gomiti dei legami simili” [20]. Queste catene sono certamente portate da altri santi e ricordano quelle che si mostrava a Compostella, a Léon di Rosmital [21] nel 1466 o ad Andrew Borde[22] verso 1534, e soprattutto sembrano la strana accozzaglia che portava il cavaliere polacco, chiamato Signore di Loiselenck [23] nel 1459, quando arrivò alla Corte di Francia durante l’impresa armata sulla via di Compostella: “ due cerchi d’oro, l’ung audessus du coulde du bras senestre, et l’aultre au-dessus du coul du pied, tous deux enchainez d’une assez longue chayne d’or ”.
Queste leggende raccontate dai Crociati e riportate in Francia hanno subito delle modifiche e delle deformazioni. Si sono sovrapposte ad altre provenienti da altri luoghi e da altri tempi, raccontate in molti grandi santuari locali che talvolta hanno fatto ombra a Compostella. Così si spiegano le numerose date di festa di san Giacomo riportate in molteplici calendari a diverse epoche.
[17] Téodoreto di Cirro, Histoire Filotea, P. Canivet et A. Leroy Molinghen éd. Et trad., 2vol., Sources chrétiennes n° 234235, Paris, Cerf, 1977, t.I, p. 19, p. 163 (I, 1-2) et 173 (I, 7), p. 185 (I, 1113)
[18] Grégoire de Tours, Histoire des Francs, R. Latouche trad., Paris, Belles Lettres, 1963, 2 vol., t.I, livre I, chap. XXXVII, p.60
[19] Grégoire le prêtre, Chronique (1162-1163), éd. Recueil des historiens des Croisades, Documents arméniens, 2 vol., Paris, 1869, «t.I, p.173
[20] Téodoreto di Cirro, Histoire Philothée, P. Canivet et A. Leroy Molinghen éd. trad., 2 vol., Sources chrétiennes n° 234-235, Paris, Cerf, 1977, t.II, chap. XXI, § 8 p.81
[21] Colette F., Les récits du voyage en Europe du seigneur bohémien Léon de Rosmital en l’an 1466, D.E.A. d’histoire médiévale, dir. Bernard Guenée, Paris I-Sorbonne, 1988
[22] «Borde (Andrew), Introduction of Knowledge, 1542, éd. F.J. Furnivall, London, Early Text society, extra series, vol.10, 1870, p.36-38 et chap.XXXII, p.204-205
[23] Antoine de La Salle, L’histoire et plaisante chronicque du petit Jehan de Sanré, 1459, éd. Paris, 1724, 3 vol. in-12, t. II, p. 308-368, ch. 48 à 54
Il fedele di fronte a san Giacomo, nella pratica religiosa
Molto spesso si trova una sola denominazione «san Giacomo apostolo» senza altro qualificativo, in particolare negli inventari di reliquie ed anche nella dedica delle chiese. Per esempio, nel 1150, la chiesa di San Giacomo-des-Guérets (Loir-et-Cher) aveva solo San Giacomo [24].
Agli inizi del XIV secolo, Dante, come molti altri laici, semplifica. Per lui l’autore dell’epistola é san Giacomo apostolo, come facevano i teologi già citati: «Questo perché san Giacomo apostolo dice nella sua epistola: ecco che l’uomo dei campi aspetta il prezioso frutto della terra, sopportando pazientemente fino al giorno in cui riceverà lo stagionale ed il tardivo» [25].
Quando non é così, tutto segue una logica che ci sfugge, prova che i qualificativi non avevano importanza. Ecco alcuni esempi:
• Tra il 1175 ed il 1195, quando il monaco Lambert le Petit scrive la storia della sua abbazia di San-Giacomo di Liegi [26] passa da «san Giacomo fratello del Signore» a «san Giacomo, fratello di san Giovanni l’Evangelista» senza un commento che permetta di supporre un cambio di dedica. Per lui, san Giacomo fratello del Signore è dunque anche il fratello dell’Evangelista.
• Nel 1272 a Aire-sur-la-Lys, questo Fratello del Signore è chiaramente il Maggiore, come lo testimonia la frase incisa sul reliquario [27]: Beati Jacobi majoris, fratris beati Joannis Evangelistae, cognatique germani domini nostri Jesu Cristoi.
• Giovanni de Tournai, borghese di Valenciennes, nel 1489, parla di «san Giacomo il Grande, apostolo e cugino di Jesus cristo» che vede a Compostella (è molto possibile che abbia letto o sentito raccontare la Leggenda Aurea).
• Quando nel 1491 un giurista tolosano si preoccupa di spiegare l’esistenza di molti san Giacomo nella sua città di Toulouse, non parla dell’apostolo, ma di tre santi che egli dice “sono stati ammazzati con spada e coltello”, da cui il loro nome di Giacomo = Jaculo = dardo o lancia. Di questi tre santi, secondo lui, il primo è Giacomo l’Intercesso, il secondo è il Minore [29], di cui dice che la cattedrale possiede la testa. Il terzo infine è quello di cui afferma senza paura di sbagliare che «icelles relicques sont partie du corps de monseigneur sainct Jaques le Maieur».
[24] Acta Pontificum Cenomanis in urbe Degentium, éd. Mabillon, Vetera Analecta, t. III, 1682; éd. Busson et Ledru, Le Mans, 1901, t. III, p. 50 Chroniques d’Anjou, éd. P. «Marchegay et A. Salmon, Paris, 1866, p.334
[25] Dante, Œuvres complètes, trad. et commentaires A. Pézard, Paris, bibl. Pléiade, 1965, Banquet, IV, II, 10
[26] Stiennon J., Le voyage des Liégeois à Compostelle en 1056, Mélanges F. Rousseau, Etudes sur l’histoire de pays mosan au Moyen Age, Bruxelles, 1958, p.575
[27] Morand F., Un opuscule de Guiard des Moulins, Revue des sociétés savantes, avril 1861, t.V, p. 510 [28] Valenciennes, bibl. mun. ms.493, fol.291v°-292
[29] Arch. dép. Haute-Garonne, E. 834 fol. 3-3v°-5 v°-6
Le rappresentazioni iconografiche
In modo generale, il linguaggio semplificato delle immagini spinge a rappresentare Giacomo il Maggiore in pellegrino e Giacomo il Minore in abito da vescovo, spesso accompagnato da san Filippo. Ma una osservazione più spinta mostra molto spesso che non è vero. Nel 1984, lo storico d’arte S. Moralejo Alvarez costatava, studiando la statuaria, che il san Giacomo di Moissac detto il Maggiore, deriva maggiormente da Giacomo vescovo di Jerusalem con il suo abito episcopale o da Giacomo il Giusto con capelli e barba incolti, cioè più vicino al Minore che all’apostolo pellegrino. [30]
A riprova del suo ragionamento, citava la somiglianza notevole del santo
«di Moissac con la statua di san Giacomo scolpita nella chiesa di Saint-Gilles
identificata come il Minore per l’iscrizione sulla sua aureola: Jacobus frater domini Ierosolimitanus episcopus”. Quello che non aveva osservato è che Giacomo il Maggiore porta un libro su cui è incisa una frase dell’Epistola…Nei manoscritti, il costume da pellegrino é talvolta portato dal Minore, come si vede in tre Messali [31] ed una Bibbia [32] dei XIV e XV secolo, dove san Giacomo-pellegrino è in compagnia di san Filippo. Quanto alle prime illustrazioni dei libri stampati, l’uso comune è di rappresentare Giacomo il Maggiore e Giacomo il Minore vestiti allo stesso modo, quello del pellegrino. La possibilità di un errore nella scelta della statuaria è esclusa dalla costanza con cui si ripete questa somiglianza. Si verifica per esempio in parecchi esemplari del Catalogo delle Vite dei Santi di Pietro di Natali [33], datati l’uno del 1516, l’altro del 1542, impresso l’uno a Venezia, l’altro a Lyon. Un altro stampatore di Lyon illustra la stessa opera nel 1519 rappresentando ciascuno dei due apostoli in abito pellegrino, ma con delle differenze, cosa che esclude ancora di più ogni idea di errore. Il Maggiore, immobile, tiene il suo bordone appoggiato al fianco per leggere il libro che sostiene con le due mani. Il Minore cammina nella notte stellata, appoggiandosi con la mano sinistra al suo bordone a cui è sospeso il suo cappello da pellegrino. Tutto si svolge dunque come se esistesse un fondo comune a queste leggende sparse che, in Francia, si uniscono a quella di Compostella per formarne una sola. Rimane da cercare, da capire in che cosa questo santo apostolo meriti una devozione che sembra superare quella degli altri. Pare che i tre testi che sono l’Epistola, il Vangelo, gli Atti di Giacomo, abbiano svolto un ruolo essenziale nell’espressione di questa devozione, e che Compostella, santuario anche lontano, non poteva da sola rispondere alla domanda dei pellegrini di san Giacomo.
[30] Moralejo Alvarez S., El patronazgo artistico del arzobispo Gelmirez (1100-1140): su reflejo en la obra e imagen de Santiago, Atti del Convegno internazionale di Studi: Pistoia e il camino du Santiago, Pistoia, 28-30 septembre 1984, p.256
[31] Missel, 1362, Toulouse, bibl. mun. ms. 91 fol. 187; missel « XVe siècle, Paris, bibl. Arsenal, ms. 620, fol.386v°; missel du cardinal Philippe de Luxembourg (14951503), Le Mans, bibl. mun. ms.254 fol. 30
[32] Tours, bibl. mun. ms.8 II fol.567v°, Bible XIVe siècle
[33] Pierre de Natali, Catalogus sanctorum vitas, Venise, 1516, Lyon, 1519, Lyon, 1542
Denise Péricard-Méa, maggio 2003
(traduzione italiana ed aggiunte di Flavio Vandoni)