CAMMINO E PELLEGRINAGGIO
Il pellegrinaggio é un atto di devozione, di omaggio, di adesione a una credenza, a una mitologia, a un luogo “santo”, a delle reliquie, a un dio, a una religione.
Il cammino invece racchiude in sé il concetto di movimento, dell’andare, del divenire. Si sa da dove si viene, non si sa dove si potrà arrivare… Come si farà, solo chi si mette in cammino, lo sa.
Camminando, biciclettando o cavalcando, da soli o in compagnia, con zaino, carrello o somarello, visitando, scoprendo, imparando e conoscendo, dialogando o in silenzio, condividendo o stando in disparte… con segni esteriori di fede per chi lo fa come pellegrinaggio o nell’intimità delle sue credenze e/o dei suoi pensieri, a ciascuno il suo cammino.
“Caminante no hay camino, al andar se hace camino” (camminante, non c’é cammino, andando si fa cammino), dice il poeta Antonio Machado.
Semplici parole che racchiudono una verità profonda.
E’ camminante, é in cammino chiunque lasci la sua casa, la sua vita “normale” per diventare viandante, senza domicilio fisso, che vada verso una meta o no, che segua vie tracciate o no, che disponga di fondi o no.
Potrà fare delle esperienze fuori dal quotidiano ed imparare un modo differente di vivere, di viaggiare. Lascerà per terra solo le sue orme, accetterà le incognite, gli imprevisti, gli sguardi curiosi o di disprezzo degli altri, penerà, suderà, sarà accolto o scacciato, aiutato o scroccato, ma sarà il suo cammino.
Ma che cos’era un peregrino?
La parola latina Peregrinus fa riferimento a « per agra » (attraverso i territori), cioé a colui che abbandona la sua casa e parte, diventando cosi’ uno straniero, un forestiero in terre sconosciute, soggetto agli accidenti climatici e sociali. Ancora oggi in Sardegna per riferirsi a territori altrui, si dice “in agro di”, cioé in territorio appartenente ad altra gente.
Insomma, il peregrino é colui che, affrontando pericoli e percorrendo terre a lui sconosciute, trasforma le sue esperienze in conoscenza e saggezza, vivendo fuori dai canoni “normali”.
Chi sono oggi i pellegrini ?
La polemica a proposito dei veri e falsi pellegrini é sempre presente.
E’ vero che i cammini si sono popolarizzati, tutto si é mescolato, tra sacro e profano.
Il concetto stesso di “peregrino” é stato assorbito e modificato dalle chiese, dalle religioni, per farne un percorso di fede con una meta prefissata e “premio finale”, cartaceo o pergamenato.
Nel corso dei secoli la diatriba tra la “peregrinatio” statica o in movimento ha vissuto momenti e certezze diverse all’interno della stessa chiesa e dei poteri forti ed il suo valore é differente secondo le religioni.
L’opera di confusione tra pellegrinaggio e cammino continua ad essere intrattenuta.
Andare in cammino é diventato, per queste credenze, un andare al santuario, con qualsiasi mezzo: pullman, treno, aereo, auto, con viaggio organizzato, una gita, una processione….
Un mezzo per “spostare gente” in luoghi “inventati e adattati” allo scopo, con miracoli e reliquie, che nei secoli possono cambiare secondo i bisogni locali (ad esempio Nazaré é stato sostituito da Fatima Cova Iria, Betharram da Lourdes) per farci business organizzato e redditizio sia per la Chiesa che per gli Enti e commerci interessati.
Non avendo più personale disponibile e agile, la chiesa ha deciso che deve essere la gente a muoversi a sue spese per andare al luogo “santo”, più o meno noto.
Il massimo risultato con il minimo sforzo. L’invenzione papale (Giovanni Paolo II) del “turismo religioso” messa in pratica da Mons. Liborio Andreatta negli anni ’80, creando l’agenzia di viaggi pontificale (Opera Romana Pellegrinaggi) e spingendo le parrocchie a diventare succursali locali di agenzie di viaggio per pellegrinaggi “moderni”, é stata un successo. Da vettore verso Roma é passata a esportatrice di pellegrini turisti verso altri luoghi in Europa (Lourdes, Fatima, Assisi, Puglia, Padova, Polonia).
Santiago di Compostela é stato nei secoli un esempio da seguire in questa dinamica: un misto di crociata, colonizzazione, turismo e affari, fino ai tempi moderni alla fine del secondo millennio quando la struttura autonoma riusci’ a rivitalizzare un itinerario medievale, organizzandolo e sviluppandolo, fino ai risultati odierni.
Il cammino oggi
Oggi si assiste al rinnovamento delle attività del turismo culturale, del movimento a piedi e in bici, alla ricerca di cose e luoghi diversi (l’esotismo del diverso).
Anche le antiche vie romane e medievali che servivano al pellegrinaggio, alla viandanza, al commercio medievale, all’espansione militare, alla colonizzazione, tornano di moda.
In Francia, paese che ha riscoperto il cammino per Santiago nel 1950, le cose sono chiare : tutte le vie tracciate rispondono a criteri precisi per essere omologate dalla federazione francese di trekking (solo 15% di asfalto, presenza di alloggi e punti d’acqua, villaggi e chiese) e solo dopo vengono usate anche come “vie di pellegrinaggio”.
Il trekking, la randonnée pedestre, il camminante, l’escursionista sono concetti precisi e pellegrino é solo colui che fa’ il pellegrinaggio a un luogo “santo”.
Negli altri paesi, come l’Italia, la confusione tra pellegrino e camminante continua…
E’ chiaro che un cammino, una via, puo’ essere anche un itinerario di pellegrinaggio, dipende da come uno lo fa’ e perché lo fa’.
Per alcuni é un trekking, una prova sportiva, un’occasione di misurarsi. Per altri una gita, breve o lunga, l’occasione di incontrare gente e di visitare luoghi diversi dal solito.
I turisti abbondano, becchettano il cammino, saltando di posto in posto, usando le strutture di alloggio come punti di appoggio.
Ed é vero che le sfumature sono infinite nel modo di fare il cammino.
Ci sono quelli che pretendono di fare il cammino perfetto con un controllo stretto su ogni tappa, su ogni pausa, su ogni rifugio, su ogni euro speso.
Ci sono i bulimici che ne vogliono sempre di più, di km…
E quelli che cercano l’esoterismo, i pozzi di luce cosmica dappertutto.
Il cammino soddisferà i loro desideri e riempirà di esperienze tutta questa gente, secondo il loro spirito e le loro coscienze…
Il cammino fuori e dentro.
Il cammino é in realtà il nostro cammino, perché é quasi impossibile sottrarsi alla nostra propria soggettività. Passo dopo passo, facciamo un cammino che alimenta il nostro immaginario privato, anche se poi va a fondersi nell’immaginario collettivo.
Il cammino é anche la risultante tra le nostre aspettative e la realtà, tra il nostro desiderio, la nostra voglia e la nostra resistenza fisica e mentale, tra l’incognita dell’inizio con le sue paure e speranze e la gioia della fine, dello sforzo compiuto.
Non é possibile affrontare il cammino con gli stessi riti quotidiani, con le stesse esigenze della vita normale. Il cammino ci porta alla temperanza, a una migliore gestione delle nostre forze, a meglio percepire gli altri, a essere più aperti.
Il camminante non dimenticherà mai che cosa significhi marciare per 20-30-40 km al giorno.
Né lo dimenticheranno i suoi piedi indolenziti.
Ma in questa calma andatura, in questo paesaggio di rocce, pietre, campi, passo a passo, si ritrova la libertà.
Il camminare é per qualche settimana la liberazione dalle strutture societarie moderne.
Tu cammini ed é fatta ! Ti fermi, bevi, fai pausa e stiracchi i piedi, i muscoli, le braccia…
Scoprire se stessi ed imparare….una evoluzione.
Ma lo zaino pesa, anche scegliendo la semplicità estrema. Prima della partenza, il sacco fà paura per il suo peso di cose di cui non si puo’ fare a meno.
E’ evidente che caricarlo troppo prima del cammino é diverso dal portarlo in spalla ogni giorno. All’inizio si porta di più, il cammino é davvero una incertezza. Lo zaino pesa, questo é sicuro, ma si tratta di una necessità.
Noi siamo degli esseri bisognosi e stiamo cercando la nostra autonomia, libertà, indipendenza.
Vorrei dire che bisogna accettare il peso che si porta.
In effetti é il peso esatto delle nostre paure meno le nostre sicurezze.
Accettarne il peso significa accettare il carico dei nostri condizionamenti, primo passo per potere camminare più leggeri.
Solo tu puoi portare il tuo sacco, perché il sacco é il tuo spirito. E’ lui che lo pesa, che lo soffre, che si libera, anche. Quanto pesa lo spirito?
Si viene da un posto (da dove vieni ?) e si va verso un altro (dove vai ?).
Ogni personaggio che incontriamo sul cammino é una opportunità per scoprire il nostro proprio personaggio, la nostra propria pazzia, la nostra finzione di vita, e cosi’ trovare una via d’uscita. Come nelle ragnatele, nei miraggi e nelle illusioni del cammino si fanno intrappolare le personalità immature, i sogni distrutti dalla durezza del mondo.
Sul cammino ci sono dei salvatori e delle vittime, dei templari fantasiosi, delle arpie hospitaliere, dei bonzi del bordone e dei cammini, dei fissati per il cammino.
Dal cammino sgorgano molte cose e tra queste affiora l’allegria ed il canto.
Per momenti, la presenza della natura ti fa percepire una cosa cosi’ evidente: tu fai parte della vita. Una cosa cosi’ semplice e nello stesso tempo cosi’ profonda.
Ed allora si puo’ cantare, sorridere, essere felici, aprirsi…
Sgorgano pure vecchi pesi, rimorsi, fallimenti e sconfitte, le lacrime ed i pianti, perché il passato cosi’ presente trova delle fessure per uscire e poter essere risolto, infine, forse…
Nella misura in cui le cose represse o negate risorgono, si puo’ lasciare che il vento le porti via e le cancelli senza riserve…
E le piccole cose ci sembrano, ora, davvero cosi’ piccole, cosi’ meschine, cosi’ ridicole.
Ma sgorgano anche le nostre speranze, le nostre illusioni ed i nostri desideri.
Appare la tentazione di riempire un vuoto vitale presente.
Nello stesso modo in cui il cammino ci insegna a camminare con i nostri due piedi, a sopportare le nostre carenze, cosi’ il vuoto della nostra vita non puo’ essere sostenuto che dalla presenza altrui, dalla loro amicizia, dalla loro compassione, dal loro ascoltarci, dal loro appoggio, dalla loro simpatia.
Dice il poeta che si fà il cammino andando. Il cammino si fà con ogni passo, dandogli un senso. Ed ogni passo ti avvicina o ti allontana dal tuo destino, perché non sempre posiamo bene i nostri piedi.
Ci sono dei posti dove ci si perde ed altri dove ci si ritrova.
Chiaro che questo, nel nostro cammino interiore, dipende dai nostri punti deboli, dai nostri complessi, dalla nostra coscienza che va e viene, dall’armatura che ci siamo costruiti.
Ma attenzione! C’é anche il cammino esteriore.
Esistono dei punti d’arrivo, esistono i differenti punti di partenza.
Esistono i rifugi e le frecce gialle e gli amici del cammino che le tracciano.
Grazie a tutto questo, si puo’ camminare senza troppi problemi.
Buon Cammino! Flavio vandoni