Il Codex Calixtinus é stato copiato da almeno quattro mani, due tra loro molto simili. L’autore principale é conosciuto sotto il nome di Scriptor I. Il manoscritto originale si componeva di 27 quaderni. Già in epoca antica si sono prodotti dei cambiamenti in alcuni quaderni, che hanno variato la struttura del Codex. Poi, verso il XV° secolo, si é perso il foglietto 220, che all’origine sarebbe stato bianco e appartenuto all’ultimo quaderno. Si é pure perso un foglietto, anch’esso in bianco, che precedeva l’attuale foglietto 1. L’uso antico voleva che che il manoscritto avesse il primo e l’ultimo foglietto in bianco come protezione. A questa struttura primitiva del Codex, si é aggiunta, verosimilmente nella rilegatura realizzata alla fine del XII° secolo, una seconda appendice (Appendice II).
Il libro IV é stato separato dal manoscritto nel 1609, cosa che si vede nei danni ai quaderni 20, 21 e 24, e i due volumi sono stati rilegati separatamente da Alonso Rodríguez León. Infine, il libro IV é stato di nuovo riunito al manoscritto nel corso della restaurazione del 1966, cosa che ha richiesto una rilegatura diversa del Codex, tagliando i foglietti che erano più grandi degli altri per pareggiarli.
Le note a margine che i canonici di Compostella hanno lasciato nel manoscritto dimostrano che il Codex é stato letto ed utilizzato ininterrottamente almeno fino a metà del XVI° secolo. Pare quindi che all’inizio del XVII° secolo il manoscritto abbia cessato di interessare, cadendo nell’oblio.
Nella seconda metà del XIX° secolo, il manoscritto é stato riscoperto dal canonico archivista della Cattedrale di Compostella, Antonio López Ferreiro. Ma é stato pubblicamente conosciuto grazie al gesuita Fidel Fita e a Aureliano Fernández Guerre che, nel 1879, sono andati a Compostella per un viaggio di studi e pellegrinaggio. L’anno seguente, nel 1880, pubblicarono un libro sul loro viaggio (Souvenirs d’un voyage à Santiago de Galice), consacrando i capitoli X e successivi alla descrizione e studio del Codex calixtinus. Il libro comprendeva una fotografia dell’inno Dum Pater familias ed una trascrizione del testo, come pure un verso dell’inno Ad honorem Regis summi.